domenica 24 maggio 2009

Intervista ad Alberto Bigi

ReggioNelWeb intervista Alberto Bigi, volto noto nel mondo giovanile e culturale reggiano, candidato a Consigliere Comunale per il Partito Democratico. “Il mio impegno politico dai Democratici di Prodi ad oggi. Troppi i portaborse dei politici in circolazione: una scorciatoia per far carriera e delle “braccia” a disposizione per i leader”.

ReggioNelWeb.it 23 Maggio 2009





ReggioNelWeb intervista Alberto Bigi, funzionario ARCI, musicista e autore, insegnante, giornalista e opinionista sportivo, conduttore radiofonico e televisivo, più recentemente organizzatore di eventi culturali e dirigente Arci. Alberto è stato dal 2002 al 2007 membro del CDA della Fondazione “I Teatri” di Reggio Emilia.

Proviene dell’area politica degli ex Democratici (L’Asinello) nelle cui liste venne candidato alle elezioni regionali del 2000.

Conosciuto per essere il curatore della programmazione spettacoli di Festa Reggio, del Fuori Orario e di numerosi eventi a Teatro e al Palasport, è un ulivista della prima ora, da sempre impegnato nel perseguire la realizzazione del progetto politico del Partito Democratico.

Per le elezioni amministrative del 6-7 giugno è candidato a Consigliere Comunale di Reggio Emilia nella lista del Partito Democratico.





Alberto, quando è cominciato e perchè il tuo primo impegno attivo in politica?

Nel movimento studentesco: erano anni di grande tensione. Non aderivo a un partito, ma simpatizzavo per la sinistra pur provenendo da una famiglia cattolica. Mio zio, il professor Mariano Bigi (purtroppo deceduto di recente), è stato presidente dell'O.F.S., l'Ordine Francescano Secolare. Ho una formazione un pò “mista” insomma. Nei Democratici di Prodi ritrovai un punto ideale di ricongiungimento al mio percorso iniziale e amici di differenti estrazioni politiche che hanno cercato di costruire ponti tra diverse culture, piuttosto che il contrario.



Sei stato fra i fondatori e militanti dei Democratici (L’Asinello) di Prodi a Reggio Emilia. Cosa ti è rimasta di quell’esperienza?

Prima di tutto la grande amicizia nata con alcune persone come me animate da passione civile e politica. Ho un bel ricordo della serietà e della coerenza di tanti tra coloro che ho conosciuto in quel movimento, della stima che mi hanno dimostrato sul piano personale e dell'apprezzamento che ho sentito per il mio impegno nel cercare di contribuire a superare divisioni manichee che hanno segnato in negativo gli ultimi decenni. Purtroppo quell'esperienza è terminata, del resto quando un movimento si fonde con un partito è inevitabile che il movimento ne soffra di più.



La Margherita prima e il Partito Democratico dopo hanno saputo intercettare e valorizzare correttamente la valenza politica che diede vita ai Democratici? Perchè secondo te?

Quelli che come me hanno creduto per primi alla prospettiva di un partito che fosse una sintesi di diverse culture riformiste, spesso si sono sentiti soli e poco ascoltati. In molti ricorderanno quando Parisi andò ad un congresso DS a dire “scioglietevi”. Non fu certo accolto da un ovazione... Parisi sbagliò i tempi di un affermazione non infondata. Veltroni però, due minuti dopo essersi dimesso pochi mesi fa ha affermato che il PD è nato con 10 anni di ritardo... Lascio a voi le conclusioni. Mi piacerebbe sentir fare autocritica da parte di chi il partito nuovo l'ha fatto, ma da l'impressione di non crederci troppo. Le scelte coraggiose sono vincenti se hanno slancio, se hanno il freno a mano inserito la gente se ne accorge.



Per quanto riguarda il tuo impegno extrapolitico, sei molto noto nel mondo giovanile reggiano. Quanto sono importanti i giovani per lo sviluppo di una comunità?

I giovani non sono importanti, sono il senso stesso dello sviluppo, dell'esistenza di una comunità. “Giovani” non si declina al futuro, si declina al presente. A volte ho quasi l'impressione che si voglia infierire togliendo anche un minimo di libertà individuale con provvedimenti di stampo proibizionista quando i giovani sono già oppressi dalla precarietà, da modelli di sviluppo neoliberisti che li penalizzano sistematicamente.

Non credo la soluzione sia adottare atteggiamenti rozzamente schematici che propongano rinnovamenti generazionali indiscriminati e a prescindere. Penso che il PD possa essere potenzialmente uno dei laboratori in cui elaborare formule originali per valorizzare i giovani in modo equilibrato ed utile prima di tutto per loro stessi, per farli tornare a sperare in una vita più felice di quella che non li aspetta di questi tempi.



Come hai dato concretamente in questi anni il tuo apporto ai giovani reggiani per una loro crescita formativa?

L'affetto che mi dimostrano tanti ex allievi (insegnavo musica) mi farebbe pensare di aver fatto qualcosa di buono. Riguardando ad alcuni progetti culturali che ho seguito, talvolta mi sono reso conto di essermi concentrato prevalentemente sul cercare di trovare spazi per la creatività. Non che sia sbagliato farlo, ma è altrettanto importante lavorare per procurare nuovi e sempre più aggiornati strumenti formativi.

Viviamo in un mondo che offre molte opportunità, anche teconologiche, i giovani devono essere aiutati nel cercare di sfruttarle al meglio. Avverto un senso di smarrimento, ma riscontro che non mancano energie positive e creative, un fatto peculiare di noi reggiani che deve essere alimentato dalle istituzioni, da tutta la comunità.



Quali lacune esistono ancora oggi nei confronti dei giovani da parte delle istituzioni locali?

Rispondo come ho risposto recentemente in un’altra sede. Qui da noi non manca attenzione ai giovani. Non è un fatto da dare per scontato, altrove non è cosi. Però non basta. Vanno messi al bando atteggiamenti sparagnini, il cercare di dare contentini con iniziative effimere e di facile presa che danno solo agli amministratori un consenso immediato e che si esauriscono nel momento stesso in cui si realizzano. Va investito molto, sempre di più, anche quando le risorse sono poche e l'investimento non è certo possa dare “rendimento immediato”. Una comunità che non investe sui giovani sta solo procrastinando la fine di se stessa.



Quali impegni principali porterai avanti una volta eletto in Consiglio Comunale?

Non starò con le mani in mano, non è da me. Romperò le balle, il futuro sindaco è avvisato! Se si crede ad un progetto si deve essere anche critici. Un progetto non lo si aiuta se va sempre bene quello che dice “il capo”. Berlusconi docet. Ma non solo lui purtroppo.

Permettetemi una piccola polemica: vedo un po’ troppi portaborse in circolazione in politica; pensavo fosse una figura destinata a sparire, ma purtroppo non è cosi. E' una scorciatoia per far carriera e un modo “facile” per i leader per avere semplici “braccia” a disposizione. Io non ho portaborse, ne lo sono mai stato di nessuno, né vorrei averne uno. Dovessi votare per me, lo farei anche solo per questo motivo.



Cosa ne pensi dello stato di salute della vita culturale reggiana e del terzo settore dal tuo osservatorio privilegiato?

E' necessario rinnovare un patto forte tra cultura e istituzioni. Nel corso degli ultimi venti anni si è assistito ad un generale impoverimento della vita culturale nel paese. C'è l'urgenza di formare cittadinanza a partire dalla dimensione locale. Si deve reagire “alla base” ad una situazione nella quale la televisione ci inonda di robaccia “usa e getta”. Del terzo settore , del no profit, del volontariato, della promozione sociale, ci sarebbe davvero molto da dire. Visto il poco spazio mi limito ad una considerazione di fondo. Non valorizzarlo, non sostenerlo, nel nostro paese è un atteggiamento che io arrivo a ritenere in qualche modo “eversivo”. Lo dico da cittadino, non da esponente del terzo settore, e lo dico perchè in Italia non è di parte ma ha un valore essenzialmente civico sostenere una società dell'inclusione piuttosto che il modello individualistico e fai da te che ha fallito ovunque.

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